L’Orsa ai tempi del covid

Le foto a colori sono state scattate a ottobre 2020, poco prima del DCPM del 3 novembre 2020. Quelle in bianco e nero un paio di settimane dopo, quando i ristoranti hanno dovuto nuovamente chiudere i battenti.

UPDATE: Le ultime quattro foto, simbolicamente di nuovo a colori, mostrano la recente iniziativa dell’Orsa, che a Gennaio 2021, col locale ancora chiuso e in controtendenza con le proteste di altri esercenti che hanno violato deliberatamente le regole aprendo i ristoranti, ha deciso di riconvertire, almeno in parte, risorse e personale nello street-food, con il camioncino dell’OrsaDrive Vagabo. Nel frattempo é arrivato il via libera per aprire anche il locale, fino alle 18. La vicenda non è ancora finita.

(Il testo sottostante, come si può intuire dalla ormai dimenticata convivialità descritta, è invece un improbabile patchwork di miei post scritti prima del Covid-19)

Stasera sono andato nella mia osteria di fiducia, ci vado spesso, soprattutto il lunedì. È un posto ultraconosciuto, sia dai locali che da chi viene da fuori. Infatti ci si trova un po’ di tutto: studenti, turisti, famiglie con bimbi, coppie, gruppi di amici, colleghi incravattati e tizi che ci arrivano da soli, come me.

Mi piace perché è informale, rapido nel servizio, fanno delle tagliatelle che vorresti alzarti per abbracciare la sfoglina e il cuoco e anche un tiramisù che andrebbe ordinato subito con le suddette tagliatelle, altrimenti c’è il rischio che finisca nel frattempo. Mi piace pure perché ha prezzi onesti e per chi ha una diaria da trasfertista sfigato non é trascurabile. Mi piace soprattutto perché arrivandoci da solo, sempre da trasfertista sfigato, ti piazzano spesso in un tavolone con altre persone. [N.d.T: sigh]

E se molte volte fra il grugnito di arrivo e quello di commiato, gli altri solitari fanno degustazione con abbinamento di smartphone (ma non è meglio un calice di rosso?), può capitare di ritrovarsi con altri individui che preferiscono chiaccherare e conoscere persone e storie vere al posto di nickname e “storie” di Instagram.

Una sera mi sono trovato a discorrere di società, Trump e Berlusconi, integrazione e tortellini con una coppia della West Coast. In un’altra occasione, mentre masticavo mestamente la mia tagliata al pepe bianco, la tizia seduta davanti a me, di punto in bianco,con sguardo ispirato e il ritmo disarmante di una parola ogni 10 secondi, ha esordito cosi: “Ma sai che i fiori dei capperi sono bellissimi?”. Ho scoperto solo in seguito che avesse davvero ragione, ma temo che nel frattempo l’abbiano ritrovata.

Stasera invece, dopo diversi turn-over, mi sono ritrovato con un ragazzo di Genova (siamo come il prezzemolo, o meglio, come il basilico), una thailandese sui thirty-something e un’altra più giovane dalla Francia. Quest’ultima è entrata nel locale con una pizza da asporto che si sarebbe mangiata il giorno dopo (ho provato a spiegarle che in Italia potrebbe essere penalmente perseguibile per questo, ma non l’ho convinta del tutto). S’è parlato di Italia (e altri luoghi del mondo), di cibo e usanze, di lingue straniere e di altre cento cose, fra cui dottorati di ricerca, cibo e treni. Cibo l’ho già detto?

Penso che non sia un caso che le Sardine siano partite da qua, perché la storia di questa città parla di cultura e d’inclusione, di libertà e proteste. Di giovani che arrivano da tutte le parti d’Italia e che non vedono perché, se loro sono di tutte le parti d’Italia, non possano essere anche di tutte le parti del mondo, perché sanno che le differenze sono un valore aggiunto e non un difetto e la curiosità e la fiducia nel genere umano potrebbero essere un approccio migliore rispetto alla paura e all’odio a prescindere. L’ho pensato forse anche io, che in genere schifo i miei simili. E no, se ve lo state chiedendo, ho bevuto solo un paio di bicchieri. Comunque abbiamo parlato anche di cibo.

Ho contattato l’Osteria dell’Orsa perché inizialmente il lavoro che avevo intenzione di portare al corso doveva raccontare come diversi esercizi commerciali stessero affrontando l’arrivo della famigerata seconda ondata.

Oltre all’Orsa ho scritto a barber-shop, librerie, palestre, ma non tutti mi hanno risposto positivamente. Alcuni non mi hanno risposto proprio. Non li posso biasimare: avevano sicuramente altre grane a cui pensare rispetto a un wannabe-reporter che si sarebbe aggirato impunemente per i loro locali sanificati.

L’Orsa, nella persona di Fabio, è stato l’unico locale che mi risposto con sincera disponibilità, per cui voglio ringraziare tutto lo staff con questi scatti. E tornando a trovarli appena le saracinesche verranno nuovamente sollevate.

L’Osteria dell’Orsa – sito

L’Osteria dell’Orsa – pagina facebook

%d bloggers like this: