Madre Russia
In Russia mi ci hanno mandato anche se io non volevo andarci. Non volevo andare da nessuna parte, ma meno che mai in Russia. Perché era lontana, lontana e fredda. Ma mi ci hanno spedito e quindi bon, ne ho scritto e fotografato.
Dunque, i russi – quelli almeno che vedo io in questo buco di culo bolscevico – si vestono male e guidano peggio: se provate a farvi tamponare, colti dall’inevitabile amnesia del piede sinistro di chi non guida abitualmente col cambio automatico, le donne scendono dalla vettura “quasi tamponante” e vi aprono la portiera per tirarvi fuori o riempirvi di male parole cirilliche.
Ho visto una motoretta che sfrecciava su una strada piena di buche, dossi e altri pericoli (non ultimi gli altri russi al volante) e trasportava una scala a pioli di alluminio. Tipo quelle che si usano per dare il bianco in casa.
Nel tragitto aeroporto – hotel, il tassista scartava autoarticolati all’ultimo momento, buttandosi a 100 all’ora nella corsia d’emergenza. Tutto questo mentre parlava al cellulare con un suo amico d’infanzia. O almeno, dal tono rilassato e gioviale, io ho immaginato che fosse un amico d’infanzia.
Ho visto una macchina della polizia trainata da una che non era della polizia e diversi posti di blocco, ma i miei colleghi dicevano che prima ce n’erano molti di più e ogni volta che si veniva fermati – e capitava spesso – prima di consegnare il libretto di circolazione conveniva metterci dentro qualche banconota.
Si vedono pure tanti tizi vestiti con la tuta mimetica. Alla mia domanda: “Ma sono tutti militari questi qua con la mimetica?” mi e’ stato risposto: “No, sono degli idioti.” Ah ecco!
Il posto di ritrovo da queste parti é un gigantesco centro commerciale che ricorda molto quello de “L’alba dei morti viventi” di Romero e infatti spero che prima o poi ci sia una pandemia zombie per asseragliarmici dentro. Questo centro commerciale ambisce a essere il più preso d’assalto nel mondo in una qualunque domenica del secondo millennio. A questi la perestrojka ha fatto davvero male.
Il mangiare non è così male come pensavo, ma neanche qualcosa che sia da intendersi come lenitivo alla trasferta. Spesso prendo delle cose cui non so attribuire un nome o un’origine: la frittura é molto democratica e rende le pietanze (apparentemente) uguali. Il mio intestino é decisamente più classista e reagisce alle volte bene, altre un po’ meno, tipo la scorsa notte. Un ragazzo mi é passato a fianco al self-service del megacentro commerciale: aveva sul vassoio un piatto di spaghetti al ragù – qua lo chiamano bolognese – con due chiazze di colore diverso sopra che solo più tardi ho identificato, con raccapriccio, come maionese e ketchup.
Sul lavoro i pezzi grossi della società cliente non sono molto accomodanti, quelli della azienda partner ciondolano senza una meta scansando le fatiche e il nostro occhio accusatore, gli operatori una moltitudine di automi silenziosi dediti a compiere gesti in modo abulico. C’è una rigida gerarchia sociale, retaggio del regime comunista, in cui ai vertici ci stanno i russi, in mezzo ucraini e altre etnie, in fondo quelli che arrivano da remote lande che finiscono in stan.
Alla radio passano delle chicche di assoluto pregio antropologico: in un locale ho avuto il piacere di ascoltare il remix in versione tamarro-dance di L’italiano (Lasciatemi cantare tunz-tunz-tunz con la chitarra in mano tunz-tunz-tunz…) di Toto Cutugno. Nella stessa serata ho ascoltato anche Nek, Pupo, il primo Ramazzotti, i Ricchi e i Poveri e non so quale altro abominio musicale proveniente dal Belpaese.
Sul lavoro, ho pochi contatti con gli autoctoni, uno di questi è Rustan, un tartaro di mezz’età, gran lavoratore e brava persona, ma che non spiaccica una parola che sia una d’inglese. Sta provando a insegnarmi il russo e io gli rispondo in italiano quando non capisco. Oggi ha visto la foto di mia figlia sul desktop del mio portatile e mi ha detto qualcosa a proposito dei suoi figli. Non ho capito se ha una figlia di due anni, due figli di un anno o se se li é mangiati tutti a colazione con un uovo bollito (si sa, i comunisti hanno queste abitudini alimentari). Rustan, l’amico tartaro, gran lavoratore, pieno di attenzioni per le nostre esigenze e per quelle del nostro carrello degli attrezzi, mi ha anche dato un suggerimento per rimediare ai sintomi dell’influenza. Altro che acido acetilsalicilico: il modo più efficace per uscire da raffreddore e mal di gola è farsi qualche golata di vodka calda col peperoncino. Se non passano i malanni, almeno ci si diverte.