Musica Maestro

Quando ho conosciuto Stefano, frequentava già il conservatorio, dal quale si è diplomato col massimo dei voti, prima in Pianoforte e poi in Composizione. All’epoca era l’amico un po’ eccentrico, con uno spiccato senso dello humour e poca propensione a prendersi sul serio, anche per tutto quello che riguardava la sua passione principale, sebbene intuissi già allora quanto questa fosse importante per lui e forte la sua ambizione nel perseguire una vita fatta di note.

Un paio di decenni dopo è sempre un tipo eccentrico, con la battuta pronta, ma infinitamente più centrato su quella che da passione è diventata a tutti gli effetti la sua professione.

Il musicista, l’artista in generale, in Italia non ha vita facile, figuriamoci durante questo periodo di pandemia, in cui una delle prime cose che il Governo ha sacrificato è stato il comparto degli spettacoli: concerti, teatri e cinema chiusi senza scampo.

Cosa fa un Compositore durante la giornata per mettere insieme il pranzo con la cena?

Ho cercato di rispondere alla domanda di cui sopra attaccandomi alle costole di Stefano nel poco tempo libero a disposizione, seguendolo in alcune delle sue molteplici attività (nonché intrufolandomi pure nell’intimità della sua vita familiare) e intuendo quanto siano impegnative, in continuo movimento da un posto all’altro e con un numero e una varietà impressionante di interlocutori, dai 4 agli 80 anni, come certi giochi di società.

Durante i mesi di chiusura è riuscito a portare avanti la didattica su due fronti: sia lezioni di canto (che ha studiato al di fuori del Conservatorio) che di pianoforte, utilizzando gli strumenti online ai quali tutti siamo ricorsi per ovviare all’impossibilità di uscire e incontrarsi di persona.

Purtroppo un’altra attivitá, quella di vocal coach per un gruppo teatrale che ha portato musical di successo in diversi teatri italiani, si è congelata, ma ancora prima di impostare il timer del microonde, ha messo in piedi, col supporto di un’associazione jazz, un ciclo di concerti pensati per essere trasmessi online e che hanno spaziato da un estremo all’altro della musica contemporanea.

Discorrendo con lui, è emerso che in questo periodo si è parlato spesso della mancata copertura previdenziale per gli artisti, che non ci sia di fatto un vero e proprio sindacato, ma ha anche aggiunto che questo deriva in parte – in particolare nella nostra regione, la Ligura, che giá in partenza non brilla per certi tratti caratteriali – da una mostruosa chiusura del mondo accademico, degli esponenti della musica colta, che guardano ossessivamente al proprio orticello senza curarsi di quello che succede a fianco. Stefano si domanda come si possa pretendere di avere successo nelle iniziative che vengono ideate e portate avanti, se gli stessi musicisti evitano di prenderne parte come spettatori. Manca la curiositá, la voglia di condividere idee ed esperienze, contaminarle e lasciarle contaminare, perché buona parte dell’intellighenzia musicale è individualista, autoreferenziale e poco incline all’apertura, che sia verso altri generi, altri format o un pubblico diverso cui presentare le proprie opere.

Per fortuna c’è anche una parte di artisti che prova un forte senso di appartenenza alla comunità e fa di questo un ingrediente primario per ogni esperienza professionale. Ma anche dove entusiasmo, curiosità e apertura non mancano, ci sono sempre battaglie da portare avanti per superare l’enorme rovo burocratico italiano, che tende a schiacciare gli entusiasmi, senza fare troppa discriminazione fra “grandi” e “piccoli”. Esempio emblemativo é il festival di musica contemporanea di Genova “Le Strade del Suono”, ormai prossimo alla decima edizione e di cui Stefano è cofondatore e curatore, con alcuni suoi colleghi di Eutopia Ensemble: per raggiungere l’attuale livello di importanza e organizzazione, c’è voluta davvero tutta la buona volontà e ancora adesso, che qualche risultato é stato pure raggiunto, i rovi da superare restano gli stessi.

Stefano spera a ottobre di ripartire finalmente con gli eventi dal vivo in questo splendido locale del centro storico di Genova, in una dimensione molto informale, nella quale al termine dell’esibizione l’artista scende dal palco e si siede al tavolo con gli spettatori a bere un bicchiere di vino, annullando quella cortina invisibile che spesso si avverte fra gli artisti e il loro pubblico, specie quando ci si allontana dai generi più popolari. Oltre a questa serie di concerti, sotto la sua pelata ribollono altri cento progetti, che spero di poter documentare, ma anche di godermi come semplice appassionato di musica.

(Grazie a Giulio per l’editing)

Stefano Guarnieri
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